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Storia

La pianura a nord delle città sulla via Emilia è il frutto di un lavoro secolare di bonifica e controllo dello scolo delle acque in un territorio che, abbandonato dopo la caduta dell'Impero Romano, si era trasformato in una landa acquitrinosa e malsana, in balia di allagamenti e alluvioni.

Nel Medioevo, furono i monaci benedettini a promuovere per primi il recupero dei suoli e gli insediamenti umani, grazie soprattutto ai centri propulsori delle abbazie di Nonantola, San Benedetto Po e  Pomposa. l lavori erano affidati ai contadini, con cui i monaci stipulavano contratti di lungo periodo, basati sul patto di curare i canali e le opere di bonifica.

Le autorità civiche comunali (Bologna), le signorie e le istituzioni locali (gli Este a Ferrara, lo Stato Pontificio e le grandi famiglie senatorie nel bolognese) proseguirono l’opera di bonifica delle paludi e di recupero di suoli coltivabili. Attraverso l'impegno di ingenti capitali – e mediante il sistema della colmata -  fu bonificata gran parte della pianura e tutti i nuovi proprietari si impegnarono alla manutenzione della rete e delle opere idrauliche.

L'antenato vero e proprio dell'attuale Bonifica Renana è l'Assunteria bolognese dei Confini e delle Acque (1518-1797), che riuniva a sua volta le Congregazioni di Scolo.

Il problema principale per le istituzioni cittadine fu sempre il recapito finale dei tumultuosi fiumi e torrenti appenninici, soprattutto del Reno: durò a lungo la controversia tra Ferrara e Bologna sull'immissione del Reno nel Po. Furono secoli di diatribe politiche e militari, accompagnate da grandi rotte arginali, ma su questi confronti si fondò la disciplina idraulica.

Nel ’700 venne realizzato il Cavo Benedettino per incanalare le acque del Reno nel ramo abbandonato del Po di Primaro e, grazie all'attuazione del progetto Lecchi-Boncompagni, la pianura bolognese si avviò verso l'assetto idraulico di oggi.

Napoleone istituì la Magistratura delle Acque con i Circondari idraulici: cinque di questi confluirono nella Bonifica Renana, nata nel 1909 per realizzare la sistemazione definitiva di tutto il territorio racchiuso tra i fiumi Reno e Sillaro.

Nel secolo scorso, grazie al progetto idraulico dell'ing. Pietro Pasini e all'impiego dell'energia meccanica negli impianti idrovori di sollevamento, si raggiunse finalmente l'obiettivo e nel nodo idraulico di Saiarino si realizzò la principale confluenza delle acque bolognesi.

Si tratta di un'opera di trasformazione territoriale colossale, attuata tra il 1917 e il 1925 soprattutto attraverso il lavoro di cinque mila persone (braccianti locali e prigionieri di guerra dell'esercito austriaco). Furono scavati 860 km di canali e le casse di espansione di Campotto, Bassarone e Vallesanta, furono costruiti gli imponenti impianti idrovori di Saiarino e Vallesanta, tuttora perfettamente funzionanti, e le migliaia di manufatti idraulici connessi che tuttora presidiano la sicurezza idraulica della pianura bolognese.

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